Nel 2012 ero al secondo anno di tirocinio come psicoterapeuta espressiva presso un’Unità Operativa di Neuropsichiatria infantile di Bologna (cos’è la psicoterapia espressiva? leggi qui). Finalmente avevo una stanza per fare arte terapia e la usavo, di solito, al martedì pomeriggio.
Era una stanza nel seminterrato. Grande, vuota, luminosa e che profumava di mare (o di umido, se appena appena spegnevi il sacro fuoco di entusiasmo della psicoterapeuta espressiva in erba). Finalmente incontravo bambini e adolescenti in sedute individuali e conducevo incontri di gruppo! Finalmente avevo uno scaffale per i colori e i materiali artistici!
Mi sentivo arrivata. Ma un giorno, mentre aspettavo un giovane paziente con la porta socchiusa e lo spazio già allestito con tutti i materiali, fanno capolino due donne che uscivano dopo il lavoro. Sbirciano dentro e vedono l’allestimento. Una delle due mi chiede: “Ah, ma tu sei quella che fa disegnare i bambini?”.
Lei era davvero curiosa. Contenta che ci fosse qualcuno che sì, i bambini li faceva proprio disegnare e, pensa, stava proprio lì nello stesso edificio. Sul momento non ricordo cosa ho farfugliato. Probabilmente un “… eh… sì”.
Il che era anche vero: i bambini ogni tanto disegnavano. Poi, però, ci ho pensato per i successivi due anni e mezzo di formazione. Ancora ci penso, in realtà, tanto da aver deciso di scriverne, per mettere un po’ di ordine fra i pensieri. Quel giorno e nei giorni successivi me lo sono chiesto sul serio: “Ma io faccio disegnare?”.
Fai disegnare i bambini?
In realtà no. Non faccio disegnare nessuno. O meglio: non a tutti i costi. Ogni professionista ha il suo modo di lavorare e questo vale anche per gli psicologi e gli arte terapeuti. In arte terapia, una parte delle proposte che possono emergere nel corso di una seduta individuale o di gruppo riguarda, certo, il disegno. Ma è il principio del “far disegnare” che mi sembrava e mi sembra tuttora dissonante, o limitato, rispetto alla mia esperienza.
In arte terapia si lavora per facilitare il processo creativo: quel percorso di immersione profonda in se stessi, in un luogo che sentiamo sicuro e con accanto qualcuno di cui ci fidiamo come testimone e specchio. Il processo creativo vede il corpo, i pensieri, le emozioni lavorare insieme per permettere alla persona di trovare una sua forma espressiva vera, un linguaggio poetico, artistico, estetico, inteso nella sua accezione più libera. E, attraverso il processo creativo, porre uno sguardo differente su di sé, sulla storia, sui desideri, rileggendo le esperienze, trasformandosi e cercando una visione armoniosa rispetto alla propria esistenza e alle relazioni con gli altri.
Cercare il proprio linguaggio espressivo
Tutto questo può essere raggiunto utilizzando il linguaggio espressivo del disegno. Ma nella mia esperienza personale e professionale sono moltissimi i linguaggi espressivi con i quali il processo creativo può attivarsi e dialogare. Le persone che ho incontrato, nella stanza di arte terapia ma anche in altri contesti, mi hanno donato mondi espressivi incredibili. E molti non lasciano una traccia tangibile, non disegnano, non costruiscono un oggetto concreto. Alcuni ti obbligano al silenzio, al vuoto, all’attesa. Questo può essere disturbante e difficile da accettare. Siamo immersi in un contesto che ci chiede costantemente una prova rispetto a ciò che sei e che fai (e spesso le due cose devono coincidere) e la prova deve anche avere una forma, un peso, un valore attribuibile per essere sottoposta a giudizio. Un disegno è una prova tangibile e spesso sentiamo di non poterne fare a meno, soprattutto se siamo arte terapeuti.
Liberi di (non) fare ed essere creativi
Ma in arte terapia ciò che si può imparare dalle persone con le quali entriamo in relazione è come la vera liberazione sia concedersi di abbandonare questa visione finalizzata della creativitá e godere di un’esperienza creativa anche effimera, di trasformazioni minime e lentissime, oppure dirompenti e improvvise, registrate solo con il corpo, attraverso la pelle, il movimento, lo spazio, il calore, lo sguardo, la luce, la sospensione. Non abbiamo per forza bisogno di disegnare, né di far disegnare, per essere liberi e per essere noi.
Le strade creative sono infinite. Qual’è la tua?
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